Non c’è nulla di più innaturale dell’ovvio.

 

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Come molti di voi, sono anni che percorro la via della crescita personale, perciò può sembrare ovvio dirlo ma, l’esistenza non ha l’abitudine di abbandonare l’umanità, chi si scollega dal flusso energetico benevolo dell’universo siamo noi.

Nel momento in cui sentiamo la vita contrarsi, il concetto che è sbagliato e negativo, tutto quello che è scomodo, che ci fa male – attiva il meccanismo di attacco o fuga: la corsa per uscirne, gettare la spugna e allontanarci il più possibile dal dolore, e noi, utilizzando le nostre varie strategie preferite di negazione, ci chiudiamo in un bozzolo di ferro sbarrando le porte d’entrata e uscita.

Questa reazione è un riflesso automatico di sopravvivenza primordiale, uno stato di sogno che è comune a tutti, un riflesso che non esclude neanche chi, come noi veterani, è consapevole della procedura, perché è una questione di natura – la natura umana.

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Per quanto crediamo di essere cresciuti, la verità è un’altra – ci manca ancora l’intelligenza emotiva. Siamo ancora bambini immaturi, vittimi di noi stessi che troppo facilmente, per non dire ‘comodamente’, cadiamo nella tentazione di nascondere, scappare, gettare colpe e guazzare nella propria auto commiserazione. E’ un riflesso inconscio del bambino interiore così facile da applicare, che solo lo sforzo della presenza è in grado di frenare lo tsunami, quei ricordi dolorosi del passato che troppo spesso inondano il cervello senza preavviso, come dei mostri marini liberati dai profondi abissi delle memorie emozionali, mentre la neocorteccia riamane sbalordita, incapace di frenare l’impulso incontrollabile delle loro reazioni inopportune.

Ed è proprio a questo punto che la contrazione della vita ci spinge in ginocchio, tra le grinfie del nostro stesso inferno, dove l’impulso naturale è di piangere, implorando aiuto ad un’entità che esiste al di fuori di noi, dimenticando che per ricevere delle risposte diverse dalla vita, bisogna porsi delle nuove domande dentro, ma tutto tace, perché non stiamo dialogando, riflettendo, interrogando, bensì lamentando come bambini piccoli che frignano con una lista di desideri aggrappata in mano.

Ce’ chi si dispera, chi si rassegna, chi piange, chi urla disperatamente, qualunque sia la nostra reazione, dietro che una richiesta d’intervento per risolvere gli sbagli commessi, di allontanare chi ci ha ferito, di darci un lavoro migliore, un coniuge, un figlio, perché siamo incapace di assumerne la propria responsabilità del dolore che il disagio procura, e il motivo principale e perché crediamo ancora che siano le altre, la vita, o il karma a procurarlo.

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La vita va oltre il moralismo del giusto e sbagliato, bene e male, la vita è… ma nella nostra scentratura, non siamo in grado di comprendere questo concetto, è troppo semplice. Ci affidiamo alla mente istruita che ama il passato, le complicazioni, gli indovinelli, i cruciverba – l’intelletto che sa tutto, che conosce la teoria, ma non lo comprende fino in fono, perché non ama sentire il proprio dolore, accompagnarla, abbracciarla come un genitore amorevole, la mente rifiuta di fare il genitore a se stesso, perciò non vuole sentire vibrare l’energia della verità nelle viscere, nelle cellule del corpo che vivono nel qui e ora, dove scorre la vita – nel presente.

E così la mente perde un’opportunità preziosa perché si scollega dal corpo. Quando questo accade, ogni uno di noi, ancora una volta, rimane intrappolato nel passato, nell’idea del bambino interiore, che crede veramente che siano le altre a ferirci, insultarci, abbandonarci, quando la verità è un altra – è stato premuto un tasto, l’ombra di qualcosa di antico già accaduto nel passato, che ha lasciato una tracciata profonda, una ferita mai rimarginata che vibra come un’interferenza energetica desiderosa di essere riconosciuta, ascoltata, sentita e guarita da noi.

Questa è un’opportunità per guarire ed espandere, ed è stata offerta dalla sincronicità della vita portando nella nostra realtà, qualcuno o qualcosa che ci ferisce, perché quell’azione apparentemente crudele, è il mezzo in cui il Maestro Cuore prende contatto con l’emozione dolorosa inespressa, con una qualità che solo il Cuore è in grado di offrire – il non giudizio amorevole.

Quel passaggio essenziale di maturazione emozionale, è il riconoscimento di aver sperimentato responsabilmente fino in fondo, la volontà dell’Anima – ossia di avere compreso consapevolmente quella particolare sfumatura ombrosa delle emozioni umane.

Senza questa comprensione, siamo convinti che la vita sia una questione di bianco e nero, una lotta tra vittime e carnefici, dove condanniamo e giudichiamo ‘nemico’ le anime che ci amino di più – quelli che hanno rinunciato al nostro amore per recitare un ruolo scomodo. Tutto e tutti sono al servizio della sorgente ma l’ego non vede, non è in grado di riconoscerlo più, la polvere accumulata da secoli impedisce la sua visione, in un mondo pieno di verità ovvie che pochi prendono la cura di osservare.

Se siete impegnati in una vita di crescita personale, non perdete ogni opportunità preziosa per evolvere. Osservate chi o cosa vi ha, e tuttora vi ferisce, sapendo che ogni gesto, azione o evento inopportuno è uno stimolo per la crescita, non concentrate tutta la vostra attenzione sull’azione che appartiene altrove, ma sulle vostre emozioni e reazioni che lo accompagnano, perché quelli appartengono a voi; e la responsabilità di sentirle, accoglierle e trasformarle è la vostra.

Magari non lo avete mai considerato da questo punto di vista ma come disse Sherlock Holmes scritto da Sir Arthur Conan Doyle: “Non c’è nulla di più innaturale dell’ovvio”.

Namastè.

Caroline Mary Moore

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