Niente arancione, siamo donne di potere, siamo le Signore in Giallo!

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E’ arrivato l’argomento del momento dopo “Trump for President”, il 25 novembre fino al 10 dicembre 2016, sono giorni dedicati alla civiltà, ai diritti umani e alla violenza contro le donne.

Diversamente da altri temi ‘scottanti’, cerchiamo di mantenere l’argomento centrato e soprattutto capire perché, una campagna il cui scopo è difendere le donne dovrebbe finire sempre a discutere dei loro aggressori, cioè gli uomini; troppo spesso protagonisti di questo movimento umanistico rivolto a restituire il potere alle donne, che invece le rende, con il medesimo racconto cruento, ancora vittime dei loro carnefici.

Ho guardato il telegiornale, ho visto le statistiche sugli abusi sessuali, fisici e psicologici; Testimonianze di violenza indecente, ripetuta troppe volte, perché si presume che “chi tace acconsente” autorizza il riproporsi dell’invasione. Vite spezzate inutilmente, donne bruciate, stuprate, picchiate, isolate e assassinate; la gente, inorridita davanti ai fatti, vomita loro immondizia interiore sul social media, quel mondo virtuale dove sputare sentenze gratuite è comodo, perché la legge del tallone sanziona le minacce “occhio per occhio dente per dente”, parole aggressive e prepotenti, raccapriccianti come i crimini stessi.

foto di Giuseppe Gradella

Ho anche ascoltato chi si sentiva sollevato perché l’Italia non è tra i ‘peggiori’ trasgressori; statistiche non attendibili perché sono pochissime le donne a denunciare di aver subito violenza. I vincitori del ‘meno’ peggio, fanno male a sentirsi migliori, perché quell’apparente civiltà in verità, nasconde la paura di parlare, la mancanza di struttura, delle assistenze sociali, delle persone disposte a credere a una donna che denuncia un gesto così incivile, quasi medioevale, di un umanità che troppo spesso nasconde segreti inesprimibili, avvolti nel silenzio sospeso che non disturba o smuove i cadaveri sul fondo del profondo oceano di lacrime versate da secoli, emozioni annegate, voci represse e azzittiti per la vergogna, perché per denunciare un abuso bisogna sentirsi sostenuti, è soprattutto, meritevoli dell’aiuto.

Abbiamo sentito di casi estremi, ma la violenza femminile non è sempre letale, non è detto che sfigura o lascia traccia di sangue. Troppo spesso si nasconde dietro un’apparenza normale ma ce’ chi conosce molto bene l’abuso che lascia cicatrici invisibili. Le prime ferite sono nascoste nelle memorie dell’infanzia, nel profondo delle viscere della bambina interiore. E mal grado i tentativi di serrare lo scrigno, la fuori uscita dei ricordi racconta di una bimba, abbastanza grande da capire che non è gradita, ma troppo giovane di afferrare il suo significato, un crudele destino quel gioco malsano, che fa credere che lei abbia richiamato quei gesti con la sua femminilità fiorente, che quell’attenzione maliziosa in qualche modo l’aveva voluto, cercata, perfino desiderata.

La vergogna per questa menzogna fa radici profonde, e per quanto è assurdo, diventa una convinzione che attira chi sguinzaglia la violenza con la sbornia del fine settimana, e come un cane rabbioso, con la bava alla bocca, terrorizza, selvaggiamente abbaiando contro la donna e quella “maledetta” sensualità femminile che richiama, che tenta, risvegliando la “bestia” che aspetta in agguato. E nella sua disperazione prova a interrompere il silenzio, ma nel cercare di spiegare, tutto svanisce e gli abusi prendono secondo piano alle sue pessime scelte, perciò ancora una volta incassa le colpe troppe numerose per essere contate, perché in fin dei conti è ancora in piedi, e viva, senza lividi sul corpo e cicatrici sul viso.

E’ per questo non mi vestirò di arancione, perché è nell’ombra di questo colore che si nasconde l’abuso. E’ la tuta dei detenuti reclusi in gabbia, nelle braccia della morte, aspettando di morire. Rappresenta la sede della bambina interiore, in shock, abbandonata a se stessa, sospeso nel tempo, è il centro della sessualità e la vittima sacrificale che nutre e fonde nelle relazioni escludendo se stessa. L’arancione è la spugna emozionale dei traumi, il mondo dell’acqua torbida dei sensi storpiati che rilascia lo tsunami e soffoca i pianti.

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Basta lacrime, sacrificio e autocommiserazione, basta parlare di dolore, di crimini, di morte; scegliamo la vita, la gioia di vivere, l’empowerment, la sovranità del se che nessuno può regalarci, perciò niente arancione, siamo donne di potere, siamo Le Signore in Giallo, del plesso solare. Il centro del Giallo è la “gemma splendente” la “città dei gioielli” da scoprire con l’entusiasmo. Autonomia, individualità, la forza dell’indipendenza, e il coraggio delle Leonesse, la Regina del Cuore, è la sorgente della luce che fa nascere ogni cosa, il centro del potere personale che vogliamo riprendere. Questi sono i diritti di una civiltà moderna, non vogliamo vendetta o imitare gli uomini, ma neanche essere considerate vittime da compatire, da sorreggere, da salvare, principesse da risvegliare.

Perciò basta l’arancione del ‘relazionarsi’, vogliamo la chiarezza che il Giallo regala per vederci come umane e non come cittadine inferiori, vogliamo il calore dell’amore per noi stessi perché il Giallo come centro energetico è un soffio dal Cuore di smeraldo.

L’intento che pilota la liberazione oggi, è Giallo, non arancione, un colore che per chi ha sofferto d’abusi è carico di dolore di generazioni di milioni di donne nel tempo che implorano giustizia per le atrocità subite nelle mani di un antico mondo maschile. Quando le donne e gli uomini di oggi si arrenderanno alla verità, di quello che Shakespeare intendesse con la frase: “L’amore non guarda con gli occhi ma con l’anima”, ossia, vivere oltre l’illusione della separazione, degli impulsi biologici primordiali, trovando nei loro Cuori la compassione e il perdono sia come vittime, sia come carnefici; solo allora l’umanità si libererà finalmente dalla sua violenza incivile.

Ironicamente, sono sempre le vittime a mostrarsi più forti dei loro aggressori quando perdonano, l’assoluzione non significa dimenticare gli errori commessi ma, di andare oltre il passato imparando da esso, perché per fare un salto evolutivo che non include la violenza sulle donne, avremmo bisogno dell’Amore Sacro e incondizionato, perché come disse Alexander Pope con sublime semplicità: “Errare è umano, perdonare è divino”.

Io sono un Signora in Giallo è tu?

 

Caroline Mary Moore

 

Foto del post è una rielaborazione di una foto di Giuseppe Gradella:

https://www.facebook.com/giuseppe.gradella.9

Modella: Nastasja Carini

 

 

 

 

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